Genoveffa Cervi

Venerdì, 26 aprile 2019

La famiglia Cervi

Ieri ho avuto l’onore e il privilegio di festeggiare il 25 aprile a Casa Cervi*…E’ stata una grande emozione vedere e vivere, anche se solo per una giornata, quei luoghi che conservano in ogni angolo la sacralità del sacrificio di un’intera famiglia.

Il sacrificio di sette uomini, di sette partigiani, di sette fratelli che difesero strenuamente i loro ideali, senza tradirli mai: “Ma non credessero che i miei figli erano signorini. Alla caserma dei Servi i banditi neri hanno chiesto: volete il perdono? Mettetevi nella guardia repubblicana. I miei figli risposero, crederemmo sporcarci.”

Dietro questi sette uomini lungimiranti, progressisti che insieme al loro padre lottarono contro le ingiustizie sociali e il regime fascista ci fu una figura altrettanto straordinaria: Genoveffa, la loro madre. Per quanto può sembrare semplicistico il detto, che dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna, questa volta mi sembra calzante…

Genoveffa studiò, lesse e lavorò instancabilmente dall’alba al tramonto. Sostenne nonostante una forte matrice cattolica, le idee progressiste del marito e dei figli e condivise con loro la lotta partigiana facendo di casa Cervi un baluardo della Resistenza.

Una donna così straordinaria, che per più di un mese seppe conservare nel cuore il segreto ed il dolore dell’eccidio dei figli per svelarlo al marito solo dopo che si fosse ripreso “dall’ulcera e dalla prigione.”

Proprio Alcide scrisse le parole più belle per descrivere sua moglie:

“La madre aveva più fantasia di me, lavorava più col cuore, andava avanti alle cose. Io le dicevo sempre: tu sei Marta e Maria, tutte e due insieme. Perché quando Gesù racconta delle due donne, che una lavorava sempre, con le mani, e l’altra con la mente fervorosa, diceva: la mia predilezione è per Maria che conosce le vie dello spirito. E lei era tutt’e due, perché il giorno lavorava fino alle undici, e poi fino all’una studiava e leggeva, e fantasticava. Era timida e dolce, aveva occhi di quelli che non reggono alla vista di questa terra, e sapeva profetizzare.”

IL cuore di Genoveffa un anno dopo la morte dei figli “non resse”…
“Torno a stare coi figli miei”.

“Ai fratelli Cervi, alla loro Italia” di Salvatore Quasimodo

In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
in sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra è bella
d’uomini e d’alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d’antiche meditazioni.

Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d’amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.

Nella notte dolcissima Polifemo piange
qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre ardente.

Anche qui dividono in sogni la natura..
vestono la morte e ridono i nemici
familiari. Alcuni erano con me nel tempo 
dei versi d’amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e di lacrime. 

Nel mio cuore finì la loro stona 
quando caddero gli alberi e le mura
 tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.

Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi 
non alle sette stelle dell’arsa: ai sette emiliani 
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di razza contadina.
L’amore la morte in una fossa di nebbia appena fonda.

Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.

*MUSEO CERVI:
Via Fratelli Cervi, 9, 42043 Gattatico RE
http://www.istitutocervi.it/museo-cervi

2 pensieri su “Genoveffa Cervi

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