“Scrivere mi piace, consente di frequentare il proprio mondo interiore e in questo sciagurato periodo tiene anche molta compagnia. Questa è una corsa a tappe, ci vuole tenacia e pazienza…”

Pur vivendo nella stessa città, non conosco Giorgio di persona, ma quando nel febbraio scorso ho iniziato a leggere su Facebook i suoi post, mi sono permessa di scrivergli. Questo perché i suoi scritti mi sono sembrati da subito dei brevi racconti di grande intensità e di grande coinvolgimento emotivo.
“La sala d’attesa” amplifica tutto questo. Non è un libro da comodino, è un libro incalzante che non smetti di leggere perché Giorgio ti coinvolge “nella sua corsa a tappe” con una scrittura vivace, con un’ironia che sembra non abbandonarlo mai.
Ho scritto ieri che il calendario di quest’anno è dedicato alle donne e la domanda – allora perché questo libro – potrebbe sorgere abbastanza spontanea. Io credo la risposta sia in ogni pagina:
“Poi la vedo venirmi incontro, ne immagino il sorriso sotto la mascherina e gli occhi lucidi dietro le lenti fotocromatiche. Non ci possiamo abbracciare, ci tocchiamo le mani, le spalle, le dico che sto bene. Spesso in questo racconto utilizzo il noi come soggetto. In effetti dovrei usarlo sempre. Non vi è cosa che abbia vissuto in questo tempo complicato che non abbia vissuto anche Monica. Il dolore, la paura, le lacrime di dispiacere o di gioia, le attese, i silenzi…”
“Mi tornano alla mente i giorni in cui era difficile respirare, sembra passato un secolo. Poi finalmente la vedo arrivare. Mentre tutto il mondo guarisce io torno nel mondo, la Vita è passata a riprendermi, guida la mia macchina ed è più bella che mai.”
“Solo da te non posso guarire, ti amo.”
Mentre leggevo queste righe, alcune le ho anche sottolineate, ho pensato che la profondità di un uomo stia anche qui: nel riconoscere la grandezza di chi ha accanto, nel riconoscere nella sua compagna, la Vita stessa.
Il mio non vuole essere uno sguardo riduttivo sul libro che sono convinta sia una fonte di messaggi potenti. Sono stata fortemente indecisa dietro quale “finestrella” nasconderlo! Le pagine che Giorgio scrive sul suo cammino di rinascita meritano a pieno il 25 dicembre che è il giorno simbolo di nuova vita:
“Infine, riemergo, respiro come se fosse la prima volta, piango a dirotto sotto una coperta troppo piccola per contenere quella diga andata in pezzi, in mezzo all’Oceano. Non accadeva da mai…Prima di atterrare a Francoforte decisi che avrei ripreso in mano la mia vita…Smisi di contenere, di conservare una situazione che faceva invidia al mondo e che lentamente uccideva me. Adesso avevo tutta la vita nelle mie mani, era tutta lì, davanti a me, spaventosa e bellissima.”
Come ho adorato il suo sguardo acuto:
” Potrei scrivere moltissimo su questo spaccato sociale della borghesia di provincia, quella dove conta la reputazione piuttosto che la coscienza. Quella intrisa di segreti inconfessabili e abbracci ipocriti…”
…e fragile al tempo stesso:
“Ancora oggi mi emoziono facilmente, mi gusto però il piacere di lasciarmi andare, il privilegio di ritrovare quella fragilità così vera, quella sensibilità che avevo seppellito sotto le mille pietre di una determinazione feroce che forse non serve più.”
…ma ogni libro ci colpisce in modo particolare per qualcosa ed il Loro “senso di appartenenza quello che non può essere scalfito dalle situazioni della vita” ha fatto, per me, veramente la differenza.
p.s. Giorgio mi ha promesso una dedica sul libro, spero in quell’occasione di conoscere anche Monica . Non so se ci si potrà abbracciare, ma vorrei poterlo fare, per dirle che la resilienza è una qualità che rende noi donne uniche e straordinarie.
Giorgio Ruatasio "La sala d'attesa" Nerosubianco edizioni
Tutti i proventi di questo libro saranno devoluti interamente a favore della cura e della ricerca sulle Leucemie.