In nessun luogo

“Tu vuoi dimenticare, forse perfino le cose belle della tua vita passata, perché le cose belle si trasformano rapidamente in nostalgia, quasi in rimpianto, quindi in dolore, in tristezza, in lacrime.
Dimenticare tutto e forse ricominciare, anche se ti senti troppo stanco per ricominciare.
E poi ricominciare a fare cosa.
A vivere forse?”

In una tiepida sera di giugno ho assistito dal vivo alla presentazione di questo libro che ha suscitato in me una sincera emozione e mi ha tenuta sveglia, una volta tornata a casa, fino a quando non ne ho lette le ultime righe. Sono novanta pagine di una scrittura asciutta, essenziale, il racconto di un viaggio in tanti luoghi, ma forse in “nessuno” “per imparare tutto da capo”.

Roberto Saporito usa la seconda persona narrante” e questo permette a noi lettori, come lui stesso dice , di accostarci a questo viaggio “In nessun luogo” con la fantasia e di “vivere in diretta la storia” come in un film.

E’ un libro doloroso, alcuni passi commuovono fino alle lacrime, perché il lettore diventa quella seconda persona, quel sopravvissuto che vaga per Roma, Lisbona, Amsterdam, Parigi per ritrovare, attraverso profumi, sapori, sé stesso e l’anima di qualcuno che non c’è più. Il miglior input però a immergersi in questo libro viene dall’autore stesso:

“Se cercate la verità non leggete questo libro…
Ma se volete piangere, ridere, incazzarvi leggete questo libro.”

Buona lettura!

Roberto Saporito “IN NESSUN LUOGO” A&B editrice


Con cura, con tempo, con attesa

Amore mio,

è difficile da questo fondo, da questo vuoto,

dire come mi manchi, come immenso tu sei nel mancare,

adesso che mi sono persa fra masse dure, fra caligine di buio pesto,

senza orizzonte, senza la tua mano che tutto sorregge.

Tu mi credi più forte, mi pensi in oro e argento, ma guarda l’orma che lascio,

come di farfalla, di passero stanco, di bruco, di formica.

Non vedi come mi spengo se non mi ami? Mi secco come una pianta.

Amami ancora un poco, con cura, con tempo, con attesa.

Amami come amano i forti spiriti,

senza pretesa, con fuoco generoso, con festa, senza ragionamento.

E scusa questo mio domandare ciò che si deve dare,

questo avere bisogno, scusalo. Non è degno del patto che lega la rondine al suo volo,

la rosa al suo profumo, il vino al suo colore, il tuo cuore al mio cuore.

Mariangela Gualtieri

P.S. La meravigliosa canzone sarda che segue è stata scritta nel 1920 ed ha avuto i più grandi interpreti. Ricordo di essermi commossa la prima volta che l’ho ascoltata. La versione strumentale di Paolo Fresu è immensa, ma è uscita su Youtube la versione di Giua, staordinaria cantautrice genovese, accompagnata da Vieri Sturlini alla chitarra! Cercatela, è pura emozione.