Con cura, con tempo, con attesa

Amore mio,

è difficile da questo fondo, da questo vuoto,

dire come mi manchi, come immenso tu sei nel mancare,

adesso che mi sono persa fra masse dure, fra caligine di buio pesto,

senza orizzonte, senza la tua mano che tutto sorregge.

Tu mi credi più forte, mi pensi in oro e argento, ma guarda l’orma che lascio,

come di farfalla, di passero stanco, di bruco, di formica.

Non vedi come mi spengo se non mi ami? Mi secco come una pianta.

Amami ancora un poco, con cura, con tempo, con attesa.

Amami come amano i forti spiriti,

senza pretesa, con fuoco generoso, con festa, senza ragionamento.

E scusa questo mio domandare ciò che si deve dare,

questo avere bisogno, scusalo. Non è degno del patto che lega la rondine al suo volo,

la rosa al suo profumo, il vino al suo colore, il tuo cuore al mio cuore.

Mariangela Gualtieri

P.S. La meravigliosa canzone sarda che segue è stata scritta nel 1920 ed ha avuto i più grandi interpreti. Ricordo di essermi commossa la prima volta che l’ho ascoltata. La versione strumentale di Paolo Fresu è immensa, ma è uscita su Youtube la versione di Giua, staordinaria cantautrice genovese, accompagnata da Vieri Sturlini alla chitarra! Cercatela, è pura emozione.

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