“Pazienza, figlie mie! Munyal! Questo è l’unico valore del matrimonio e della vita. Questo è l’autentico valore della nostra religione, dei nostri costumi, del nostro pulaaku. Fate che sia parte della vostra vita futura. Inscrivetelo nel cuore, ripetetelo nella mente: munyal, non dimenticatelo mai!”
“Che profumo ha il paradiso? Credo che ogni luogo incantato possieda un aroma particolare…inspiro profondamente, concentrandomi sulle narici per fare riaffiorare l’odore della mia infanzia nella casa di campagna.”
Bloomsbury Books è un negozio di libri vecchio stile che resiste al cambiamento da cento anni. E’ gestito da uomini e guidato dalle infrangibili cinquantuno regole imposte dal direttore generale. Siamo però nel 1950, il mondo sta cambiando, soprattutto quello dei libri e dell’editoria, e le tre ragazze che lavorano in negozio hanno deciso di sovvertire queste regole.
“Era il1950 e il mondo aveva avuto di nuovo una seconda possibilità dopo un’altra guerra devastante. Avevano solo il passato da cui imparare, eppure la gente sembrava già pronta a dimenticare e proseguire oltre verso il futuro.”
Vivien, Grace, Evie (una delle prime donne laureate a Cambridge) interagiscono con importanti figure letterarie dell’epoca Daphne Du Maurier, Ellen Doubleday, Sonia Blair (vedova di George Orwell), Samuel Beckett, Peggy Guggenheim e lavorano per creare un futuro più ricco e gratificante.
“Mentre era affacciata alla finestra aperta, sentì nella brezza i profumi di tabacco, caffè e fiori di ciliegio che pervadevano quell’angolino di Bloomsbury. I negozi della via stavano esponendo sempre più merce al sole, e il marciapiede era gremito di passanti che sbirciavano dentro la vetrina della libreria in procinto di riaprire. I giorni centrali di aprile erano così carichi di promesse primaverili che nemmeno Vivien seppe resistere al loro fascino.”
il romanzo è un racconto storico, emotivamente affascinate ed arricchito dai forti legami che si instaurano fra i personaggi.
Natalie Jenner – LE RAGAZZE DELLA LIBRERIA BLOOMSBURY – Mondadori
Twyla e Roberta sono due bambine di otto anni, povere. Lo stato le ha affidate ad un istituto e per quattro mesi si ritrovano a vivere insieme, condividendo la stessa camera. Una delle due bambine è bianca, l’altra nera. Per quanto ci sforziamo di leggere attentamente questo racconto, deliberatamente però, non ci è permesso di distinguerle. Toni Morrison, infatti, lavora e scrive con un intento ben preciso, dove nulla viene lasciato al caso, e, come lei stessa esplicita RECITATIVO è stato volutamente pensato come “un esperimento per rimuovere tutti i codici legati al colore della pelle, da una narrazione avente come protagoniste due personaggi di razza diverse, per i quali l’identità razziale è decisiva”.
Noi lettori vorremmo attribuire i tratti distintivi alle due ragazze partendo dalle descrizioni offerte e setacciando i minimi particolari:
“All’inizio non ci stavamo poi tanto simpatiche, ma nessun’altra voleva giocare con noi perché non eravamo vere orfane con meravigliosi genitori che volati in cielo. Noi, ci avevano scaricate lì. Persino le portoricane di New York e le indiane del nord dello stato ci ignoravano”.
“Avevamo otto anni e prendevamo sempre brutti voti. Io perché non ricordavo mai quello che leggevo o quello che diceva l’insegnante. E Roberta perché non sapeva proprio leggere e l’insegnante non l’ascoltava nemmeno”.
Eppure non scopriremo mai chi delle due fanciulle è bianca e chi è nera, neppure quando le due ragazze ormai adulte si rincontreranno per ben due volte. Un racconto bellissimo ed avvincente, l’unico scritto da Toni Morrison, che porta il lettore a riflettere sulla razza e sulle relazioni che modellano gli uomini nel corso della vita.
“Dodici anni fa ci eravamo incontrate come due estranee, Una ragazza nera e una bianca…Adesso ci comportavamo come due sorelle rimaste separate troppo a lungo”.
Teshima è una piccola isola rurale nel sud- ovest del Giappone. Lungo la spiaggia del villaggio di Karato si trova un’insolita galleria: Les Archives du coeur – Shinzo -on no Akaibu. Qui è possibile vivere un’esperienza che soli pochi musei al mondo offrono: ascoltare i battiti del cuore di altre persone. Ancora una volta con L’ISOLA DEI BATTITI DEL CUORE, Laura Imai Messina ci porta a scoprire con una scrittura emozionante un luogo che non è un’eccezione in Giappone, ma uno dei tanti dove, come lei stessa dice “Viene fermata la poesia della vita”.
“Nei mesi che precedono questo giorno, l’adulto e il bambino hanno imparato che le cose che gli esseri umani sono più care, una certa musica, il montaggio di un film un determinato rumore, risuonano del ritmo interno alla loro mente. La chiamano fluttuazione ed è la stessa che regola il battito del cuore delle persone, Qualcosa che pare continua, ma in realtà è lievemente incostante.”
Shūichi, l’adulto, è un noto illustratore, Kenta, il bambino ha otto anni, eppure fra loro giorno dopo giorno nasce una straordinaria amicizia, uno scambio che li arricchirà entrambi: “E per pescare un pesce-bambino? Per acchiappar il suo cuore (e non fargli male) cosa si deve fare?”
“Gli adulti non possono consolare i bambini, perché i loro mondi sono troppo distanti. I bambini si accontentano dell’amore, sanno che è tutto ciò che gli adulti gli possono dare. I bambini non possono consolare gli adulti, perché gli adulti non accordano ai bambini quel potere. Gli adulti si consolano pensando di avere almeno la capacità di consolare i bambini, ma è un’illusione”.
Laura Imai Messina con la sua scrittura poetica ci racconta la storia di un’amicizia pura, dove non ci sono ruoli, ma dove, nonostante la differenza d’età l’uno riesce a prendersi cura dell’altro: “ Se tardi a trovarmi, non scoraggiarti. Se non mi trovi in un posto, cercami in un altro. Da qualche parte mi sono fermato e ti attendo.” (Walt Whitman)
“Ecco, io credo che i ruoli si cambino continuamente nella vita. Magari non rimaniamo figli delle stesse persone, né mariti, né padri. Io non sono madre di nessuno ma sono sicura che più di una volta, accompagnando le persone nel lutto, ho rivestito quel ruolo. Non so, magari suona confuso, ma io credo che si possa ricostruire tanto, ogni giorno.”
Laura Imai Messina – L’ISOLA DEI BATTITI DEL CUORE – Piemme
La commissaria Lolì fa la sua prima comparsa letteraria nel 2010 e proprio ad allora risale la mia edizione…Oggi dopo il grande successo televisivo “la” ritrovate in una nuova veste grafica e in tanti libri, ma io il mio consiglio è di iniziare a scoprire e ad apprezzarla partendo proprio da “LA CIRCONFERENZA DELLE ARANCE”.
Lolita Lobosco , dopo un lungo periodo di lavoro a Legnano, torna a Bari come vicequestore, a dirigere un commissariato di soli uomini. In un mondo prettamente maschile, come è quello della polizia, schiacciato dai pregiudizi, Lolì afferma le sue doti e la sua intelligenza senza rinunciare alla sua femminilità. La cura della bellezza, i tacchi, la cucina, doti di una vera donna del Sud sono caratteristiche fondamentali della sua personalità, a cui non rinuncia, esattamente come farebbe un uomo.
“Qualche anno fa, sfogliando vecchie annate di giornali, mi capitò di leggere un trafiletto sul -Corriere della sera- di venerdì 18 marzo 1960. Riguardava la polizia femminile che aveva visto luce il 7 dicembre 1959. L’articolo recitava: -La neonata polizia femminile a battesimo i primi di ottobre. Indetti due concorsi per complessivi 511 posti. Ma non sarà facile risolvere alcuni interrogativi di circostanza: gonne corte o lunghe, tacchi alti o bassi?- Da quella divertente lettura nacque l’idea del commissario Lolita e di questo libro, che io oggi dedico alle donne perché siano libere sempre di vestirsi come vogliono.”
“Eravamo a casa mia, era mattina uno di quei giorni pieni di sole di fine anno scolastico mentre a scuola c’era assemblea. In cucina Stefano aveva preso un’arancia dalla fruttiera di ceramica e l’aveva tagliata a metà. Poi si era avvicinato e mi aveva messo le mani sotto la felpa. – Sai cosa mi ricordano i tuoi seni Lolita? No, cosa? Guarda qui sono tondi e perfetti come la circonferenza di queste arance. -L’avevo baciato e dopo avevamo mangiato insieme l’arancia, metà per ciascuno. Qualche mese dopo, era andata com’era andata.”
Gabiella Genisi – LA CIRCONFERENZA DELLE ARANCE – Sonzogno
Amani ha 16 anni, quando con la motivazione di regolarizzare il passaporto per incominciare a lavorare in un negozio di Bassano del Grappa, sua madre la riporta in Siria, la loro patria di origine . Essendo partita che aveva solo tre anni, della terra in cui era nata, non ricorda nulla e l’idea di rivederla per cinque giorni la entusiasma.
“Avevo sedici anni ed ero curiosa…La Siria di Damasco, la più antica città del mondo, la Siria dell’Eufrate e delle civiltà studiate sui libri di scuola. La Siria del deserto, che ero certa mi avrebbe affascinato con i suoi colori e i suoi silenzi.”
Dietro il viaggio si cela però l’inganno del matrimonio combinato con un cugino più vecchio di lei. Amani resiste alle violenze fisiche e psicologiche che le vengono imposte per ben un anno, fino a quando, grazie all’intercessione di un cugino professore universitario ad Aleppo, riesce a rientrare in Italia. Ora la ragazza ingannata e impaurita di SIRIA MON AMOUR ha lasciato spazio a una giovane donna e madre di Vittoria! SULLA NOSTRA PELLE racconta gli incontri di Amani con le ragazze i ragazzi delle scuole a cui descrive la sua esperienza. La sua voce però si amplifica e diventa la voce di Sara, Saman, Giulia , Dorina, Gabriela…di tutte quelle donne che la violenza maschile ha soffocato e spento.
“Quando ero trattenuta in Siria, ho trovato sempre profondamente ingiusto quello che mi stava accadendo. Questo mi ha dato la forza di ribellarmi, di resistere , di dire no. Noi donne abbiamo dentro questa capacità di capire l’ingiustizia. Non lasciamola inespressa, impariamo a rivendicare quello che vogliamo, ma anche a reagire non appena gli altri cercano di convincerci a “tornare nei ranghi”. Nei loro ingiusti ranghi.
Il trauma ha prodotto serie conseguenze sull’anima, ma anche sul fisico di Amani. Una sofferenza che passa attraverso i ricoveri ospedalieri, i distacchi dall’amata figlia Vittoria, ma la forza che da sempre la contraddistingue non è mai venuta meno.
“Siamo tutti vulnerabili, incompiuti, traumatizzati. Ma non siamo macchine e da queste imperfezioni dobbiamo assolverci. non dobbiamo perdere di vista il fatto che la vita offre sempre nuove possibilità. E va affrontata, pronti a ricominciare, a risollevarci.”
Amani El Nasif – SULLA NOSTRA PELLE / SIRIA MON AMOUR – Piemme
“Sono solo donne, quindi creature fragili vanitose, pettegole, tutte nervi, incapaci di nuocere ma anche di tenere un segreto, destinate a sposarsi, buone solo a fare figli, a servire, a decorare i salotti, a dar piacere al maschio, gratis o a pagamento, Le contadine poi, cosa vuoi che capiscano? semianalfabete strappate alla scuola per faticare a sostegno della famiglia. Come le operaie delle filande, dei tabacchifici, delle fabbriche tessili, muli da sfruttare…E loro zitte con la furbizia di Penelope trasmessa di generazione in generazione, maturata nei pensamenti di milioni di donne intelligenti, anche se non hanno potuto affinarsi sui libri. Mai rassegnate, sorridono, dissimulano, fanno spallucce. Sanno come cavarsela all’occorrenza. Ognuna a modo suo. Arte antica, puro teatro…Non è mai successo prima che le donne entrassero in scena da protagoniste. Non così numerose, e di ogni condizione sociale.”
Benedetta Tobagi ci racconta ne “LA RESISTENZA DELLE DONNE” una costellazione incredibile (come lei stessa le definisce in un’intervista) di figure femminili. Sono donne appassionate, vitali, molto sincere, che “in larghissima parte di politica non si erano mai interessate”, ma che in un momento di grande crisi irrompono sulla scena: “E’ stata una cosa naturale. Ho fatto quello che c’era da fare”. Le “invisibili” dopo l’8 settembre entrano in scena per “coprire con le sottane”(citazione tratta da i Piccoli Maestri di Luigi Meneghello) i loro uomini. I modi con cui decidono di combattere sono svariati: armate, disarmate, sulle barricate (come a Napoli), staffette, presenze attive dei Gdd.
“Nei Gdd (gruppi di difesa della donna), le donne imparano quali sono i loro diritti e acquisiscono strumenti nuovi per leggere la realtà, perché il loro obiettivo finale trascende la guerra in corso: vogliono costruire una società più giusta – anche per se stesse.”
“…che si cucinasse, si cucissero divise si sparasse o si tenessero i collegamenti, avevamo fatto il gran salto materiale, dalla ordinaria vita quotidiana in famiglia a quella spericolata e massimamente incerta della guerra. Dalla tradizione della ragazza in attesa di marito alla trasgressiva esistenza in mezzo a bande di ragazzi in guerra. In guerra noi stesse…Una sconfinata libertà stava davanti a noi e il nostro entusiasmo, la nostra ingenuità ci conducevano verso fantasie in cui altri mondi, altri rapporti, altri sensi da dare alla vita ci apparivano come certezze…C’era stato il capovolgimento del nostro mondo. -Marisa Ombra-
Il volume dà voce a queste donne autentiche, indomite anche se piene di conflitti interiori, che per decenni sono rimaste escluse dalla storia e dai racconti dei loro compagni di lotta uomini che, pur dovendo loro la vita, spesso o non le ricordavano o ne conoscevano neppure i nomi.
“Allora, io vorrei…io vorrei che qualche giovane studente, senza distinzione di sesso, non facciamo discriminazioni, volesse fare oggetto di studio quello che è stato il movimento femminile durante la Resistenza, dall’8 settembre al 25 aprile, per arrivare poi a vedere quella che è stata l’azione delle donne uscite dai Gruppi di difesa e dal Cnl, nelle varie Amministrazioni o nelle posizioni di Governo o di Amministrazione che hanno avuto poi allora” (Ada Gobetti , unica donna invitata ad intervenire ad un convegno organizzato nel 1968 dal Cln.)
Una ricca parte iconografica ci svelai volti di queste straordinarie donne impegnate nella guerra e arricchisce le loro parole: l’emozione visiva si unisce all’emozione di storie molto belle.
Benedetta Tobagi – LA RESISTENZA DELLE DONNE- Einaudi.
“Dirompenti, coraggiose, libere. Sono così le donne della musica.”
QUELLO CHE LE DONNE DICONO racconta, attraveso la voce di Fiorella Mannoia, la storia di trenta donne tenaci che hanno portato avanti la loro carriera artistica, in un mondo prettamente maschile. Ci sono le grandi cantanti del passato come Miriam Makeba, Nina Simone, Aretha Franklin che hanno espresso con la loro persona e il loro canto la lotta alla discriminazione e la lotta per i diritti civili. Accanto a loro le nuove generazioni come Beyoncè, Lady Gaga, Bjork, Rihanna, Billie Eilish, Ariana Grande. Tutte giovani donne accomunate dal successo, ma soprattutto da grandi battaglie: per i diritti della comunità LGBTQ, contro il sessismo o il bodyshaming. E’ un libro che attraverso la forza di vite straordinarie invita alla sorellanza fra donne: per rompere gli stereotipi e per difendere i diritti per cui “le sorelle” prima di noi hanno lottato e che non vanno mai dati per scontati!
“Una donna che lotta per se stessa lotta per tutte le donne”.
Fiorella Mannoia – QUELLO CHE LE DONNE DICONO La musica è una cosa da ragazze – Feltrinelli
Quello che le donne dicono è anche una playlist su Spotify, per cui leggendo il libro è possibile ascoltare la musica di queste artiste straordinarie.
Il primo libro che ho letto di Jhumpa Lahiri, più di vent’anni fa, è stato “L’interprete dei malanni” un’ intensa raccolta di racconti con il quale vinse nel 2000 il Premio Pulitzer. Da una decina di anni l’autrice anglo-bengalese ha preso casa a Roma (dove trascorre i periodi liberi dai suoi impegni di docente universitari in America) e dal 2014 scrive e pubblica solo in italiano, perché come lei stessa ha affermato in un’intervista è la lingua della chiarezza: “Scrivo nella lingua di Dante per ottenere un contatto più puro con l’anima e con la realtà che mi circonda”. I “Racconti Romani” sono nove racconti che omaggiano nel titolo le raccolte di Alberto Moravia, il primo autore letto dall’autrice in italiano, e nel contenuto la città eterna vista in tutte le su contraddizioni. C’è chi è fuggito dall’Urbe, perché diventata ormai troppo violenta: “Prima non conosceva la campagna, aveva sempre vissuto in città. Qui non ha paura di essere aggredito. Preferisce stare tra gli animali e coltivare la terra. Ormai si è adattato a questo ambiente selvatico che lo protegge.” Ci sono due amiche che si rincontrano a Ponte Sisto dopo anni. Una di loro vive all’estero da tempo perché “la sua malmessa città natale le pesava parecchio.” C’è una numerosa famiglia straniera che si trasferisce a est della città per sentirsi più sicura, per sfuggire ai pericoli sempre in agguato: “Dentro quella casa per la prima volta anche io mi sentivo protetto dalla città e dal quartiere pieno di abitanti e negozianti che tolleravano la nostra presenza senza esagerare…”. Purtroppo la fortuna dura finché dura: la troppa disumanità e la troppa intolleranza li faranno ritornare, scoraggiati, nel loro paese d’origine. Ci sono due professori universitari, anche loro stranieri, che hanno preso in affitto un alloggio “perché Roma fa parte della vita di lei”. Qui aveva vissuto e studiato per un anno quando aveva diciannove anni e qui si era innamorata per la prima volta. Sembrerebbero turisti persi nella calura estiva fra le piazze romane, ma in realtà tutto quello che si presenta intorno a loro, i volti delle donne, le risate e i saluti affettuosi della gente, tutto riporta in superficie il dolore mai sopito della perdita: “Non c’è niente che ti aspetta in quella stanza. Niente a parte il dolore già dentro di te”. Infine c’è una studentessa d’oltreoceano che dopo aver studiato Dante al College viene con le amiche a visitare i luoghi del sommo poeta: Firenze, Ravenna, Roma. Però non fa ritorno in America con loro. A Roma si sposa, ha una figlia e solo quando quella vita borghese le diventa troppo stretta, riprende il suo amore per Dante che la riporta oltreoceano ad insegnare, senza mai abbandonare la città eterna : “Ogni ritorno mi fa sentire ringiovanita, anche una specie di fantasma che riprende, a tratti, una vita precedente.”